Sezione II

Il respiro del glicine

Il glicine
tra i muri delle case
respira
alito di primavera.
Nel cielo
squarci d’azzurro.
Le tortore
beccano il selciato.
Passeggiano in strada
tenendosi la mano:
per me
c’è solo la tua immagine.

Agli inizi degli anni Sessanta si registrava la scomparsa dei grandi protagonisti della pittura informel (da Gorky a Pollock) e si chiudeva, così, uno dei periodi più prolifici e contrastanti della storia della pittura (1945 – 1960), che avrà epigoni, significativi, nella evoluzione e/o involuzione dell’inesauribile filone della produzione vitalistica e degli ultimi cascami del surrealismo. L’Europa andava, in questo stesso periodo, accademizzando le nuove e vecchie teorie dell’astrattismo e dell’informale e nello stesso tempo si imponevano come correnti dominanti e di tipo manieristico: la produzione artistica dell’action painting e l’avvento del materico che comunicavano i sensi di disperazione e di angoscia, che si condensarono, principalmente in Italia, nell’opera del cinico Burri.

La pittrice Jole preferisce non sentirsi influenzata da questi cambiamenti epocali della cultura dell’arte contemporanea e quindi sintonizza le sue esperienze nel desiderio di sperimentare le proprie capacità e la propria dotazione intuitiva e compositiva. Di fronte all’enciclopedismo sempre più dilagante dei vari saperi caldi e freddi, l’artista Jole Caleffi è determinata a ricercare il fattuale creativo nel suo costante sogno di sentirsi realizzata, utilizzando, anche, materiale della quotidianità come il vetro e la stoffa.

Il contatto con la materia Le offre occasioni tangibili per riconoscere quella che Barthes chiamava la posa degli oggetti, cioè un approccio quasi fotografico con la realtà e le sue basilari componenti. È il gioco dell’empatia che nasce tra l’idea e l’emozione: un anello indissolubile, che diventerà la fonte inesauribile e critica della discontinuità tra informazione ed espressione.

Franchino Falsetti