Sezione III
Uno squarcio di infinito
Falde di turchese
falciano il violetto
di questo tramonto di dicembre.
Tronchi scheletrici
protendono le nude braccia
oltre la vetrata
per rapirci
da questo spazio angusto
e farci assaporare
uno squarcio d’infinito.
“Per un’estetica della psicoanalisi. Vita e morte dell’Eros. Paper performance di Jole Caleffi”, Modena, Foto-Lito Dini, 1980.
La lettura di questa antologia dei progetti artistici legati a parole chiave come: narcisismo – coscienza – frustrazione – fascinazione – l’Eros viene crocifisso – arte marziale, ci comunica l’universo culturale ed estetico dell’artista Caleffi, che in una vera e propria immersione sulla ricerca delle identità e del “tempo” e della “memoria”, fissa, in modo efficace la performance della vita e degli indelebili simboli della nostra esistenza.
Esaurito lo spazio come dimensione rappresentativa e comunicativa, l’artista della seconda metà del secolo scorso, si rivolge alla scoperta dell’io psicologico, alla percezione del proprio tempo, alla soggettività del proprio esistere.
È il nuovo programma per ri-scoprire valori antichi e nascosti dall’irruenza delle realtà effimere e dei sogni senza “chimere”.
La pittrice Jole Caleffi coglie questo periodo di transizione e di messa al bando di ogni idealità di un mondo che appare sempre più passatista e privo di genuinità e di autenticità. L’artista compie, in questo periodo, in particolare dal 1977 al 1984, un’intelligente operazione di costruzione ed integrazione dei diversi linguaggi espressivi e comunicativi.
Percorre, con temperamento, la geografia della creatività in sintonia con i linguaggi che denotano e connotano il senso profondo del sentire intimo attraverso la scrittura dei simboli del comunicare. Questa instancabile ricerca traduce le ansie del doppio specchio dell’anima vincolata dalle maglie simboliche che oppongono la voglia di vivere alla sua inevitabile morte.
“I simboli che ciascuno di noi porta in sé, e ritrova improvvisamente nel mondo e li riconosce e il suo cuore ha un sussulto, sono i suoi autentici ricordi. Sono anche vere e proprie scoperte” (C. Pavese).
Franchino Falsetti